GissiAF

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Scheda Sintetica
Protocollo del 16/09/2004
Sinossi del 16/09/2004
Emendamento 1
Consenso informato
Schede di Raccolta Dati
Elenco centri partecipanti
Pubblicazioni Scientifiche
Modulo proposta analisi

Presentazione Progetto

Si sa che la Fibrillazione Atriale (FA) è la forma più frequente di aritmia nella pratica clinica: ne è affetto il 6% degli individui sopra i 65 anni di età.
Le terapie tradizionali, che comprendono l’uso di farmaci antiaritmici e/o la cardioversione, sono spesso in grado di ripristinare il ritmo sinusale ma sono associate a un’alta percentuale di recidive, soprattutto quando la FA è presente da molto tempo e quando sono avvenuti cambiamenti strutturali a livello sia atriale sia ventricolare.
Negli ultimi anni gli studi sperimentali hanno dimostrato che la recidiva della FA dopo cardioversione è favorita da un fenomeno biologico di “rimodellamento”, caratterizzato da modificazioni delle proprietà elettriche, meccaniche e strutturali del tessuto atriale e delle cellule cardiache, sui quali può avere un ruolo chiave il sistema renina-angiotensina-aldosterone (SRA). A supporto di questa ipotesi, analisi di database di studi clinici condotti con obiettivi diversi dalla FA, hanno dimostrato la capacità dei bloccanti del sistema renina angiotensina di prevenire l’incidenza o la ricorrenza della aritmia. Queste evidenze cliniche sono comunque da considerarsi molto fragili in quanto frutto di analisi post-hoc di altri trial o di metanalisi di studi pubblicati. Un recente studio prospettico randomizzato comprendente pazienti con FA persistente sottoposti a cardioversione ha documentato l’efficacia, in termini di mantenimento del ritmo sinusale a 12 mesi di follow up, dell’amiodarone se usato in associazione con l’irbesartan (79,5%) rispetto all’amiodarone utilizzato da solo (55,9%). Risultati simili si sono ottenuti aggiungendo enalapril oppure perindopril o losartan all’amiodarone in pazienti con fibrillazione atriale.
In sostanza quello che abbiamo a disposizione non ha ancora permesso di raggiungere una conclusione definitiva circa l’efficacia dell’inibizione del SRA nella prevenzione della FA nell’uomo. Uno specifico studio di dimensioni adeguate che sperimenti un sartano versus placebo nella prevenzione della recidiva della FA sembrava quindi molto importante, data l’alta incidenza di questa condizione clinica nonostante l’uso di differenti approcci terapeutici antiaritmici.
Il Gruppo di Ricerca GISSI (costituito dall’Associazione Nazionale dei Medici Cardiologi Ospedalieri, ANMCO, dall’Istituto Mario Negri, dal Consorzio Mario Negri Sud) ha quindi promosso lo studio GISSI-AF, uno studio prospettico, multicentrico, in doppio cieco, controllato con placebo in cui i pazienti sono stati randomizzati centralmente in un rapporto 1:1 a valsartan o placebo al fine di dimostrare che, in una popolazione di soggetti con storia recente di FA, in presenza di malattie cardiovascolari o altre comorbilità e trattati al meglio delle terapie raccomandate, l’aggiunta di valsartan 320 mg/die per un anno è superiore al placebo nel ridurre la ricorrenza di episodi di FA.
Lo studio prevede la randomizzione di circa 1400 pazienti da seguire in follow-up per un anno con visite a 2, 4, 8, 24 e 52 settimane; durante il periodo di follow-up i pazienti devono trasmettere una registrazione ECG di 10 secondi una volta alla settimana, o in caso di sintomi, per telefono al Centro di Coordinamento e al Medico Responsabile.
Contestualmente alla sperimentazione, è previsto un sottoprogetto ecocardiografico e bioumorale in un sottogruppo di 400 pazienti, con l’obiettivo di approfondire il meccanismo d’azione del trattamento sperimentale.

La raccolta dati dello studio GISSI-AF avviene utilizzando CRF cartacee, le registrazioni ECG, ECO e i campioni bioumorali vengono inviati a laboratori centralizzati per la lettura.