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“We have the knowledge; we need to apply it” - Le Linee Guida ESC per la diagnosi e la gestione della sincope
È passato tanto tempo dalle prime linee guida sulla sincope pubblicate nel 2001. Un aspetto importante che caratterizza quest’ultimo documento è il panel degli esperti che risulta essere multidisciplinare e vede nella sua composizione i cardiologi come “minoranza”. Altra particolarità i dati supplementari che fanno ormai parte integrante del documento e il “web practical instructions” che cercano di dare un approccio pratico nella gestione della sincope.
Tra le novità, il passaggio ad indicazione di classe I all’impianto di pacemaker guidato dal SEF con HV>70 ms, la possibilità di dilazione in paziente con sincope e FA come l’impianto di ICD in paziente con cardiopatia ipertrofica e sincope.
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European Heart Journal, ehy037 https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehy037
Le 20 cose da sapere sugli anticoagulanti orali - EHRA: 2018 Guida pratica all’uso dei NOACs nei pazienti con FA
Presentata all’ultimo congresso dell’EHRA a Barcellona una guida pratica sull’uso degli anticoagulanti orali (NOACs). Si tratta della seconda rivisitazione dopo quella del 2013 e affronta numerose questioni non risolte in diverse situazioni cliniche. Sono stati individuati 20 argomenti di grande interesse dall’eleggibilità allo switch, dalle interazioni farmacologiche alla cardioversione ed alla gestione della terapia anticoagulante nel paziente con sindrome coronarica acuta fino alla gestione dei NOAC nelle patologie neoplastiche.
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European Heart Journal, ehy136 https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehy136
Studio Cantos: per la prima volta, anticorpi monoconali contro l’aterosclerosi e l’infiammazione nella prevenzione secondaria di eventi cardiovascolari
Ormai la terapia con anticorpi monoclonali sta guadagnando terreno su tutti gli ambiti della medicina dalle malattie oncologiche per arrivare in cardiologia con importanti risultati nella con la terapia contro l’ipercolesterolemia. Lo Studio Cantos ha preso in considerazione l’ipotesi infiammatoria dell’aterotrombosi. Cercando di fare luce se combattere l’infiammazione con un anticorpo monoclonale contro l’interleuchina-1 beta senza alterare i livelli di lipidi potrebbe ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. Questo studio con 10.061 pazienti con precedente infarto del miocardio e Hs - CRP sopra 2 mg/l ha evidenziato che la terapia mirata con canakinumab alla dose di 150 mg ogni 3 mesi ha portato a una percentuale significativamente più bassa (del 15%) di eventi cardiovascolari ricorrenti rispetto al placebo, indipendentemente dall'abbassamento dei livelli lipidici. Basteranno queste evidenze per aggiungere nuove prospettive per gli anticorpi monoclonali?
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Studio Compass: i DOAC alla conquista della cardiopatia ischemica?
Da una parte la fibrillazione atriale e dall’altra l’ateroslerosi in mezzo sicuramente la coagulazione con tutti i farmaci che possono modificare i suoi processi. I nuovi anticoagulanti avendo ormai numerosi studi sul FA cercano evidenze nella possibilità che possano aiutare anche nella cardiopatia ischemica o nella vasculopatia periferica. Questo studio randomizzato e in doppio cieco con assegnati 27395 pazienti ha valutato se rivaroxaban da solo o in combinazione con l'aspirina sarebbe più efficace dell'aspirina da sola per la prevenzione cardiovascolare secondaria. Lo studio è stato interrotto per la superiorità del Rivaroxaban sull’aspirina dopo un follow up di circa 23 mesi nel raggiungimento dell’endpoit primario. Tra i pazienti con malattia vascolare aterosclerotica stabile, quelli assegnati a rivaroxaban (2,5 mg due volte al giorno) più l'aspirina (100 mg) hanno avuto esiti cardiovascolari migliori ma anche più sanguinamenti maggiori rispetto a quelli assegnati all'aspirina da sola. rivaroxaban (5 mg due volte al giorno) da solo non ha prodotto esiti cardiovascolari migliori dell'aspirina da sola e ha provocato più eventi emorragici maggiori
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Studio Preserve: possiamo prevenire la nefropatia da contrasto?
Conoscendo bene l’alleanza tra cuore e reni e la sovrapposizione delle patologie che gli colpiscono possiamo comprendere i nostri timori su come il contrasto usato per le angiorgrafie possa provocare un danno sulla funzionalità renale A questo scopo, Il bicarbonato di sodio per via endovenosa e l’acetilcisteina per via orale sono ampiamente utilizzati per prevenire un peggioramento della clearance ma senza prove definitive della loro efficacia. Questo studio analizza 5177 pazienti ad alto rischio, sottoposti ad angiografia dopo la somministrazione di bicarbonato o acetilcisteina. Non c’è stato alcun beneficio dalla somministrazione rispetto al placebo per la prevenzione della morte, della necessità di dialisi o la riduzione persistente della funzionalità renale a 90 giorni o per la prevenzione del danno renale acuto associato al contrasto.
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L’Algebra dei limiti la re - definizione della normalità
La riduzione dei valori pressori “normali” portano le nuove linee guida a raccomandare l’intervento precoce nella storia naturale dell’ipertensione così da prevenire ulteriori aumenti della pressione e le complicanze ad essi correlate. Rispetto all’edizione 2003, scompare la categoria della “pre - ipertensione” (in precedenza indicata da valori di 120 - 139 mmHg per la sistolica e 80 - 89 mmHg) e si abbassa il livello di normalità, non più 140/90, ma 120/80 mmHg. Questa modifica dei limiti arruolerà un 14% in più di pazienti, la maggior parte dei quali gestibili però con un accurato counselling sugli stili di vita, più che con farmaci antipertensivi.
Leggi articolo: DOI: 10.1016/j.jacc.2017.11.005
<<Adatta la tecnica all’idea, non l’idea alla tecnica>> (Bill Bernbach)
Gli effetti della tecnica d’impianto degli stent bioasorbibili sulla prognosi: l’analisi del trial ABSORB. La ricerca medica e l’innovazione tecnologica hanno portato allo sviluppo degli stent bioassorbibili con molto entusiasmo per le nuove opzioni terapeutiche che possono offrire. Ma le particolarità di questi dispositivi impongono accortezze nell’impianto che si traducono poi in migliori outcomes. Questo studio cerca di fare luce attraverso gli studi ABSORB se il “failure” (TLF) della lesione target e la trombosi degli stent (ScT) sono influenzati dalla tecnica dell’operatore (selezione del vaso e parametri della pre e post dilatazione). La pre - dilatazione “aggressiva” e la selezione del diametro del vaso (preferibilmente >= 2.25 e <= 3,75 mm) e la post dilatazione ottimale risultano essere predittori indipendenti di assenza di TLF ad 1 e 3 anni e di ScT ad 1 anno con diversi valori di hazard ratio (HR). Precedenti studi avevano già suggerito questa relazione, ma non avevano considerato le caratteristiche di base del paziente e della lesione che possono aver influenzato la scelta della tecnica dell'operatore e dei risultati.
Leggi l’articolo: Journal of the American College of Cardiology Volume 70, Issue 23, 12 December 2017, Pages 2863-2874
L’Angioplastica coronarica nell’angina stabile: risultati simili all’effetto placebo? Non giocate col cuore che alla fine vi batte!
Potrà un piccolo studio cambiare il nostro atteggiamento davanti ad un paziente con l’angina stabile? Numerose sono le procedure interventistiche che hanno come motivazione l’angina stabile e ancora più numerose le indagini ambulatoriali alla ricerca di ischemia. In questo contesto le aspettative dei paziente ma forse anche di noi cardiologi nei confronti dell’angioplastica sono alte, dimenticando spesso la complessità della malattia coronarica o la difficile compressione dei fattori che determinano la sintomatologia dei nostri pazienti. Lo Studio ORBITA, studio randomizzato e controllato di 200 pazienti, con angina stabile e coronaropatia monovasale severa (>= 70%) ha evidenziato che non esiste alcuna differenza significativa tra i gruppi trattati con placebo o con PCI in termini di incremento dell’esercizio fisico al test cardiopolmonare dopo 6 settimane dalla procedura. Vedremo se e come i risultati di questo studio saranno percepiti dalle linee guida.
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Cardiomiopatie… Ripercorrendo la storia fino ad oggi
Tutte le evoluzioni che conosciamo vanno dal vago per arrivare al definito. Di sicuro sono passati decenni e tantissime cose sono cambiate da quando veniva pubblicato sul The Lancet nel lontano 1957 il primo articolo che descriveva le cardiomiopatie non coronariche. Ci sono stati progressi sostanziali nel riconoscimento e nella comprensione della storia naturale di queste condizioni. In questa ultima rassegna Branwald ripassa quello che è stata l’evoluzione e descrive attraverso quali processi e quali conquiste è cambiata la nostra conoscenza nella diagnosi e nella storia clinica delle cardiomiopatie non ischemiche e come l’imaging e il progresso tecnologico è un tassello fondamentale in questo puzzle.
Leggi articolo: DOI: 10.1161/CIRCRESAHA.117.311812.
Levosimendan e sepsi!
Se sappiamo abbastanza il nostro inotropo calcio - sensibilizzatore nel setting del paziante con scompenso cardiaco, non conoscevamo ancora i suoi effetti nei pazienti con sepsi. Purtroppo la risposta di recenti ricerche porta a concludere: <<nessun beneficio a dispetto di tachicardie sopraventricolari e basso successo di svezzamento da ventilazione meccanica!>>. Non possiamo sottrarci ad un maggiore approfondimento e ad una lettura critica di questi risultati!
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The New Egland Journal of Medicine 2016; 375:1638-1648 October 27, 2016 DOI: 10.1056/NEJMoa1609409